DOV’È FINITO IL MIO FLOPPY DISK?

Uno come me, nato non digitale, si ricorda di certi strumenti che oggi non sono più utilizzati. Chissà a quanti di voi sarà capitato di cercare il cambio tra 200 lire ed un gettone telefonico! Oggi entrambe le cose non esistono più.

Vi offro, io che ho vissuto sin dall’inizio l’evoluzione dell’informatica, la mia visione di questo periodo attraverso gli strumenti da me utilizzati in questo settore.

Il mio percorso di studi mi ha portato, dopo il diploma al liceo classico, ad iscrivermi all’Università di Pisa, Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, corso di studi in Informatica. Fino a quell’anno (1983!) la scienza dell’informazione era una materia pressoché sconosciuta. Mi ricordo, in quegli anni, che quando si andava all’anagrafe per fare la carta di identità, l’impiegato cercava in uno schedario una fiche metallica, con sopra incisi in rilievo i tuoi dati, li metteva in una stampatrice a pressa e veniva fuori il tuo documento.

Quell’anno ci fu il boom di iscritti in informatica, talmente tanti (più di 3000) che colse impreparati anche i docenti. Che non fecero sconti! Il primo anno ci fu una mortalità di studenti di oltre il 50%, e così via tutti gli anni successivi. Quando ci laureammo, noi superstiti stavamo comodi in un’aula. Comunque, il nostro percorso di studi fu pionieristico. Mancavano del tutto testi in italiano, e ci dovemmo adeguare all’inglese. Il laboratorio di informatica della facoltà era un bugigattolo con 10 terminali, connessi ad un PDP11, e ci dovevamo prenotare per il loro utilizzo. Per visionare il risultato del tuo elaborato, dovevi attendere il giorno dopo, quando il tecnico metteva la stampa del tuo lavoro in una mensola divisa in comparti.

Per permettere di esercitarmi nell’arte della programmazione, i miei genitori decisero allora di acquistare un Apple II, fantastica macchina a 8 bit. A quei tempi, una vera fuoriserie, e mi ricordo che costava altrettanto.

Quanto tempo davanti a quello schermo a fosfori verdi, a programmare in Basic e ad assaporare i primi rudimenti dell’informatica. Pensate, a quei tempi nei piccoli computer non c’era l’hard disk, ma c’erano due floppy disk da 5.25 pollici (160 KB), uno per il sistema operativo, uno per caricare e immagazzinare i dati, da inserire ognuno nel proprio slot.

E dopo qualche mese, arrivò il lettore di audiocassette, sulle quali erano memorizzati programmi già pronti, che solo mettersi ad ascoltarli, una sequenza di suoni alti e bassi, era una delizia.

Quelli erano i tempi delle radio libere, delle prime stazioni tv commerciali a diffusione nazionale, del rock puro, della mia prima auto (mi ricordo ancora il cambio a manico di ombrello della mia Renault 6). Contemporaneamente, gli studi procedevano, non con la linearità desiderata dai miei genitori, ma, alla fine, portati a termine. Nel mentre, ho potuto usare prima il Commodore 64, sempre 8 bit, ma con una memoria di ben 64 KB, ed il suo datassette, e poi il mitico Amiga 500, pagato, nel 1988, la cifra stratosferica di oltre un milione delle vecchie lire! Ma ne valeva la pena: CPU a 7,09 MHz, RAM di ben 512 KB, 1 lettore di floppy disk da 3.5 pollici da 720 KB.

Ma il bello del frenetico progresso tecnologico in questo campo doveva ancora venire.

Dopo la laurea, mi sono trasferito a Roma, dove ho cominciato a lavorare come analista programmatore in una Software House che produceva applicativi finanziari, usando i linguaggi Fortran e Cobol.

Ma la programmazione proprio non mi piaceva. Ho quindi deciso di cambiare vita e sono arrivato ad insegnare matematica a Sassari. Nonostante il drastico cambio di settore, non ho mai trascurato la mia passione per l’informatica ed ho continuato a seguire la sua evoluzione. A quei tempi ho acquistato il mio primo cellulare: una valigetta (pesante) con una cornetta sopra. Era quasi tutto batteria, una potenza di trasmissione di 4w, ma una durata di sole 6 ore. Ma tanto, non si poteva usare di continuo, a causa del costo del traffico, che durante il giorno raggiungeva un costo di quasi 2000 lire al minuto. E avevo anche un bel PC IBM-compatibile, assemblato da me, con processore 80386 a 32 bit e frequenza a 20 MHz, con il suo Hard Disk interno ed il suo sistema operativo MS-DOS.

Dopo poco, tuttavia, con l’aggiornamento della macchina, sono passato a Windows 3.1. Per me, che avevo studiato solo in teoria i sistemi MAC, allora gli unici ad avere un’interfaccia grafica avanzata, l’uso del nuovo sistema operativo Microsoft mi ha fatto conoscere un nuovo mondo, fatto di colori, immagini, finestre e, soprattutto di browser per la connessione Internet.

Non ero nuovo all’uso di questo strumento, ma vi assicuro che usare una emulazione di terminale a linea di programma non è la stessa cosa di caricare una bella (almeno per gli standard di allora) pagina web. E che soddisfazione creare il proprio sito!

E veniamo al modem! Abbreviazione di modulatore-demodulatore, trasforma il segnale del computer (digitale) in una forma che possa viaggiare sulle comuni linee telefoniche (analogiche). Le velocità disponibili allora si sono rapidamente migliorate, passando da un valore iniziale da me conosciuto di 4800 baud, al famigerato Limite di Shannon di 56 Kb/s. Più oltre, a quei tempi, non si poteva andare, utilizzando le tradizionali linee in rame della rete telefonica. Si potevano sì raggiungere ampiezze di banda più elevate, ma soltanto utilizzando linee dati dedicate, che solo università, banche e pochi altri potevano permettersi.

In quel periodo, ho avuto la fortuna di lavorare all’Università di Sassari e poter apprezzare ampiezze di banda accettabili, ma quando rientravi a casa e dovevi usare Internet, dovevi farlo in orari notturni, per evitare che il traffico voce sulle linee telefoniche rendesse ancora più lenta la connettività.

Era il periodo in cui si cominciava a parlare di fibra ottica e le ruspe cominciavano a scavare l’asfalto delle strade per creare una rete ottica che coprisse tutta la città. Nel mentre, il mio cellulare era diventato molto più piccolo e la copertura cominciava ad essere più estesa. Inoltre, anche i costi delle telefonate avevano subito un drastico taglio, rendendo il cellulare alla portata di molti.

In quegli anni avevo numerosi PC, sempre rigorosamente da me assemblati, con diversi sistemi operativi: le varie release Windows (3.1, 95, 98, 98SE, Millenium, XP) e varie distribuzioni Linux (OpenSUSE, Fedora, RedHat), ma quello che è velocemente cambiato è stato il mondo delle periferiche di memorizzazione esterne. Ormai il Floppy Disk, che pure era diventato a doppia densità, con una capacità di 1.44 MB, cominciava a non soddisfare più le esigenze dei software (e degli utenti), e dunque si è passati all’uso dei Compact Disk (con relativi lettori e masterizzatori), che hanno rapidamente mandato in pensione le audiocassette ed i supporti di memorizzazione a nastro, anche per quanto riguardava il settore audio. Il CD aveva, all’inizio, capacità di memorizzare audio per 74 minuti, oppure 650 MB di dati, seguito immediatamente dalla versione di 80 minuti audio/700 MB dati.

L’avvento dei masterizzatori e dei supporti riscrivibili diede un forte impulso alla diffusione di questa nuova tecnologia, rendendo inutile, ben presto, il FD Drive, che cominciò a sparire dalle configurazioni dei PC.

Ma anche il CD ha avuto vita breve, sostituito dopo poco dal più capiente DVD che, con capacità inizialmente di 4.7 GB, poi aumentate nelle successive realizzazioni, ha letteralmente mandato in soffitta le collezioni di CD accumulate.

Ma anche il DVD, seppur tuttora usato, ha i giorni contati, soppiantato nell’uso di supporti di memorizzazione (anche audio) basati su memorie Flash, connesse al computer da quel canale che, pur nella sua serialità, è riuscito ad imporsi alla grande: Universal Serial Bus, USB.

Tornando ad Internet, nel frattempo si sono migliorati i browser, è scomparso Netscape, si è imposto Firefox, oltre la costante presenza di IE; ormai la posta elettronica si è ampiamente diffusa, cominciano a nascere i primi blog ed i siti di e-commerce. Insomma, l’offerta si amplia, ma l’ampiezza di banda? In soccorso arriva l’ADSL, una tecnologia trasmissiva che utilizza un segnale digitale che viaggia su doppino telefonico che, riuscendo a superare il predetto limite di Shannon, porta la connettività in rete a valori che cominciano ad essere accettabili, e continuano a migliorare sempre più, senza dover utilizzare la fibra ottica, che viene per il momento accantonata.

Adesso sì che si può veramente utilizzare Internet per un sacco di cose belle, dalle videoconferenze, ai social forum, ai p2p, a strumento di informazione e intrattenimento. E dalla metà del ventunesimo secolo, l’essere connessi diventa uno standard di vita, che condiziona molte persone.

Nascono FB, Twitter, Flickr prima, Instagram poi, gruppi di ogni tipo, deep web e chi più ne ha, ne metta, e la gente ha conosciuto un nuovo mondo, virtuale, forse poco reale, nel quale entrare e restare il più a lungo possibile, grazie anche alla tecnologia telefonica, che nel frattempo ha raggiunto, grazie a cellulari, smart phone e tablet, un livello paragonabile a quello dei PC di qualche anno prima.

Intanto, anche i pen drive si sono evoluti, sia come funzionalità che come capacità di memorizzazione, ed ormai non esiste quasi persona che non si porti appresso il proprio mini HD.

Anche l’audio è entrato prepotentemente nel mondo dell’informatica e di internet, ed i dispositivi per fruire della propria musica, dall’IPOD fino ai comuni lettori di mp3, si diffondono a macchia d’olio.

Nel frattempo, Google si fa largo tra i colossi informatici del momento, imponendosi prima come motore di ricerca di riferimento, poi offrendo tutta una serie di servizi nel settore, che lo fanno divenire l’azienda che è oggi. Ma c’è un fattore innovativo che l’azienda di Mountain View porta avanti, snobbata da altre aziende del settore: l’uso di un nuovo sistema operativo, open e free, chiamato Android. E questo, basato su kernel Linux, con i suoi nomi innocenti ed invitanti (Cupcake, Donut, Gingerbread, Honeycomb, Ice Cream Sandwich, Jelly Bean, Kit Kat, Lollipop, Marshmallow, Nougat) si impone come sistema operativo di riferimento per dispositivi mobile e, per i prossimi anni, costituirà una minaccia, a mio modo di vedere, anche per l’attuale regime quasi di monopolio dei sistemi Microsoft.

Per concludere, in un arco temporale abbastanza breve, ho visto il settore informatico crescere, svilupparsi, diventare maturo, ma sono convinto che ancora ci saranno notevoli sviluppi. Spero che il progresso renda migliore il nostro mondo che, grazie all’informatica, è diventato più piccolo e più trasparente.

Didattica e “nuove tecnologie”

Sono nuovo della community, dunque mi presento. Mi chiamo Attilio Giorgi e sono un docente di discipline informatiche nel corso per adulti dell’ITI “G. M. Angioy” di Sassari. Ho 53 anni e insegno da 23. Da pochissimo ho avuto il distacco presso l’USR Sardegna (sede di Sassari) e mi occupo di Innovazione didattica, nuove metodologie e ricerca didattica (questo è il link al decreto: www.sardegna.istruzione.it/allegati/2016/Decreto%20progetti%20nazionali%20definitivo-signed.pdf). Credo nel mio lavoro e spero di riuscire a migliorare sempre di più, anche grazie al contributo degli utenti di questo sito.

Lavorando in un corso per adulti, ho avuto sempre grandi sfide didattiche. Ho dovuto impostare percorsi di apprendimento non tradizionali, con la creazione totale dei materiali didattici, attraverso l’uso estensivo di PowerPoint ed Internet, e l’uso di una piattaforma di e-learning per la comunicazione a distanza con i miei allievi.

È vero che non è proprio innovativo usare strumenti come Power Point ed Internet per la didattica, ma purtroppo, nonostante oramai le nostre scuole siano quasi tutte dotate di LIM e computer in maniera estensiva, non tutti gli insegnanti sono in grado di utilizzarle nel corso delle proprie lezioni. E questo è dovuto, ritengo, al fatto che il corpo insegnante italiano vede con diffidenza gli strumenti informatici, vuoi perché è necessario imparare ad utilizzarli, vuoi perché bisogna aggiornarsi e mettersi in discussione. Sono d’accordo che per una didattica efficace non è necessario usare obbligatoriamente le nuove tecnologie, però queste sono di aiuto, soprattutto in determinate situazioni.

Ho pensato, per iniziare a collaborare al blog, di postare una breve testimonianza del mio lavoro attraverso l’uso delle nuove tecnologie nella didattica.

Per me è facile parlare di nuove tecnologie. Abituato a trattarne ogni giorno, viste dall’interno, passatemi il termine, e non come semplice utilizzatore, non le vedo poi come tanto nuove. È vero, però, che, come insegnante, non potrei più farne a meno, nella mia attività di formatore.

Anzitutto, Internet è uno strumento essenziale per il mio aggiornamento continuo. Non riesco a stare più di due giorni senza consultare i siti specializzati (sia in italiano che in inglese) che parlano delle più recenti innovazioni nel settore informatico. Tanto per essere chiari, in Computer Science vale tuttora la Prima Legge di Moore, il quale ipotizzò, in un articolo del 1965, che ogni 12 mesi sarebbe raddoppiato il numero di transistor nei microprocessori. In realtà, questa supposizione è stata rivista e corretta fino a fissare, come periodo temporale per il raddoppio dei transistor nei processori, in 18 mesi. Tradotto in termini adeguati per i non addetti ai lavori, ogni anno e mezzo la potenza di calcolo dei computer è doppia rispetto al periodo precedente. E questa è una cosa sbalorditiva, rispetto ai progressi tecnologici negli altri settori industriali. Uno smart phone odierno ha una potenza di calcolo che a mala pena un PC vecchio appena sei anni poteva soltanto immaginare.

Questo si ripercuote in un continuo aggiornamento dell’hardware dei sistemi informatici, con una conseguente ricaduta nella formulazione dei supporti allo studio.

Infatti, ogni due anni devo rivedere e/o ricreare la gran parte delle slides che utilizzo come strumenti didattici. E, a questo ritmo di innovazione, sarebbe poco utile lavorare su dei libri di testo che, dopo due anni sarebbero obsoleti.

Quindi, questo mi porta ad utilizzare Internet per tenermi aggiornato con la progressione tecnologica del settore, oltre che per il mio aggiornamento linguistico. Ma è anche uno strumento formidabile in classe, usato mediante la LIM o i PC del laboratorio, per far vedere direttamente agli alunni cose e processi tecnologici che sarebbe impossibile descrivere a parole.

Questa parte del mio processo didattico si svolge lontano dalle aule, prettamente a casa, supportato da una connessione Internet adeguata e da dispositivi di connettività sparsi un po’ dovunque.

Quando arrivo in classe, dopo aver acceso il mio notebook ed essermi connesso alla rete wifi, aver espletato le formalità burocratiche con la compilazione del registro elettronico, comincio ad interagire con i miei “ragazzi” proiettando le slides programmate per la lezione. Dopo una spiegazione di circa un’ora, con l’ausilio, come detto della LIM e di internet, lascio spazio agli interventi che eventualmente mi vengono proposti, finalizzando quello che è lo scopo ultimo delle mie lezioni: far apprezzare (amare è una parola troppo grossa) gli argomenti che ho spiegato. Non è sempre semplice, ma giuro che faccio del mio meglio perché ciò avvenga.

Questo tipo di approccio, a mio modo di vedere, è efficace ed efficiente nell’insegnamento delle discipline scientifiche, nelle quali, prima di poter focalizzare il quadro complessivo, e quindi poter aprire una discussione e confronto con gli alunni, si deve necessariamente evidenziare l’importanza dei concetti chiave che stanno alla base della disciplina, quali regole, teoremi, caratteristiche fisiche e quant’altro necessario a creare i presupposti perché poi quanto viene descritto possa essere sviluppato. Probabilmente, in altri campi della conoscenza si potrà impostare l’approccio didattico in maniera differente, ma non così nel mio settore.

Ma il mio utilizzo delle nuove tecnologie per la didattica non finisce qui, perché la connessione tra me ed i miei alunni si estende oltre la durata della lezione, grazie all’utilizzo di una piattaforma di e-learning che mi consente di scambiare con i discenti materiali bibliografici, video, avere feedback sulle mie lezioni e, addirittura, proporre questionari e compiti.

Da non trascurare, comunque, l’utilizzo dei PC nei laboratori, per effettuare esercitazioni pratiche, coadiuvato dall’insegnante tecnico pratico.

Tutto questo, facendo uso dei miei fedeli strumenti informatici, di diverso tipo e con sistemi operativi differenti, proprio per avere sempre stimoli nuovi ed approcciarmi alla materia in modo differente.

Resta comunque il fatto che, in questo mondo digitale, il fattore umano, e quindi analogico, resta sempre il motore che spinge a continuare con questo meraviglioso mestiere di comunicatore di conoscenza.

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