Proviamo a metterci in gioco

Care colleghe e cari colleghi

Insegno Latino e Greco presso il Liceo Classico “G.M. Dettori” di Cagliari. Insegno da moltissimi anni, anzi, diciamo pure che ormai per me è più vicina la pensione che l’inizio della carriera scolastica.

Sono sempre stata attratta dalle nuove tecnologie, fin dai tempi in cui per dialogare col computer non era sufficiente cliccare su un’icona intuitiva, come ora, ma occorreva conoscere sistemi operativi complicati o, almeno per me che avevo fatto solo studi umanistici, un po’ repulsivi.

Quando poi il pc è diventato user-friendly, la mia passione è cresciuta e con essa anche la voglia di cambiare il mio modo di insegnare attraverso le nuove tecnologie. E così, coniugare il mondo classico e le discipline umanistiche con internet e le nuove tecnologie è stata la sfida più grande in cui mi sia cimentata: nel 2010 ho aperto per le mie classi il blog didattico “Professoressa Orrù” , che contiene traccia di tutti i progetti digitali e no, che ho realizzato in questi anni; contrariamente alle attese, esso ha avuto un gran successo non solo fra i miei studenti, ma è visitato quotidianamente da numerosissimi docenti e studenti di tutta Italia. Lo scorso anno, poi, sono stata designata Animatrice Digitale della mia scuola ed anche questa nomina è stata per me una nuova occasione, sia di crescita, sia di condivisione, e mi ha fatto sentire – nonostante sia giunta alla fine della carriera – come un’insegnante che si accinge ad intraprendere un nuovo cammino. E’ vero che non sempre “nuovo” è sinonimo di “migliore”, tuttavia se il “nuovo” ha dei presupposti validi, cerca di andare incontro agli studenti di questo tempo (che sono molto diversi da quelli anche solo di 15 anni fa), se riconosce che sono cambiati i metodi di apprendimento delle giovani generazioni, mentre finora – salvo rari casi – sono rimasti sempre identici i metodi di insegnamento dei docenti, allora non resta altro da fare che sperimentare le vie nuove e verificarne l’efficacia.

Gli insegnanti tuttavia devono essere formati e/o formarsi anche personalmente: non ci si improvvisa insegnanti nuovi; occorre mettersi in gioco, non solo per dovere, ma anche e soprattutto per il piacere di affrontare la sfida.

Nello scorso mese di maggio, al termine della formazione degli AD di Cagliari, ho aperto un nuovo blog .

L’idea che mi ha mosso è quella che anch’io, nel mio piccolo, avrei potuto contribuire ad aiutare colleghe e colleghi ancora un po’ impauriti davanti alla velocità del digitale; anch’io avrei potuto provare a cambiare la didattica, a rendere la scuola più adeguata alla nostra società, a rispondere con più efficacia a studenti e studentesse ormai diversi. Lo avrei fatto con la condivisione di quel poco che so e che so fare, con la presentazione delle esperienze che ho già realizzato, con le informazioni di cui sono in possesso e che avrei messo a disposizione per l’utilità che possono avere.

Tanti blogger hanno aiutato me in questi anni. A volte l’hanno fatto senza saperlo, altre volte rispondendo ai miei SOS: attratta com’ero, infatti, dalla possibilità di coniugare le nuove tecnologie con la didattica delle materie classiche, mi scoprivo spesso ad avere tante idee ma a non conoscere la strada per realizzarle; mi sentivo spesso inadeguata e incompetente, con le idee e i progetti che galoppavano, mentre le mie conoscenze digitali restavano sempre un passo indietro ed arrancavano. Gli anni, però, sono passati: ho studiato, imparato, sperimentato e non ho mai smesso di incuriosirmi e di cercare.

Oggi vorrei offrire anch’io il mio aiuto a qualcuno. Non sono un luminare, quindi non competerò certo con titolati esperti già presenti in rete, né mi rivolgerò a chi già sa e vuole approfondire: desidero parlare soprattutto a quei colleghi e a quelle colleghe che, come me allora, pensano di dover cominciare da zero e temono di non potercela fare a stare al passo con i tempi. A loro sarà utile sapere che non occorre essere degli informatici per fare una didattica nuova e spesso le cose sono più semplici di quanto sembri. Il cambiamento deve cominciare dentro di noi; solo dopo possono cambiare i modi e gli strumenti. La società dell’informazione va velocissima e con essa studenti e studentesse delle nostre classi. Non possiamo stare al palo e fermarci a guardare, chiudendoci nelle nostre paure. Poco per volta, tutti i giorni dobbiamo metterci in gioco.

Ho chiamato il blog DxD perché sono una Docente che vuole parlare ai Docenti; “…ma non solo”, perché, abituata come sono a rivolgermi soprattutto ai miei studenti, anche con loro desidero continuare a dialogare.

Visita DxDScuolaDigitale – Mi piacerebbe ricevere feedback e suggerimenti.

 

I materiali dell’evento “Final PNSD 2016” di Cagliari (Liceo “Dettori”)

14444779_10210504577273064_7984832579360970172_o
Foto di Anna Rita Vizzari

A introdurre e presentare i relatori e i formatori:

LA PLENARIA

 Relatore  Presentazione del Relatore Intervento Materiale
pitzalis

MARCO PITZALIS

Direttore del CIRD di Cagliari “Innovare a scuola” (#33) presto on line
manca

STEFANIA MANCA

Ricercatrice presso l’ITD del CNR di Genova “Social Media nei contesti di apprendimento formale e informale” (#14) Pdf della presentazione

I LABORATORI (presentazioni usate in plenaria)

 Formatore Presentazione sintetica del Formatore (bio complete nel Catalogo) Presentazione (di 5′) del Laboratorio Materiale
 nanniELISABETTA NANNI Ricercatrice Iprase, Trento Lab. A: “L’ebook non è un book, percorsi creativi per l’autoproduzione di contenuti” (#23). Presentazione su Spark
meloni

PAOLO MELONI

Dirigente Scolastico IC “Cossu” di Teulada Lab. B: “Porte aperte sul web: una proposta per la Sardegna” (#11). Demo delle slide usate nel laboratorio
marini

GIANFRANCO MARINI

Docente IIS “Brotzu” di Quartu Lab. C: “La Cura dei contenuti nella didattica” (#15). Link al Blog

Presentazione su Google Drive

Link al video

manieli

MARTINA MANIELI

Funzionario USR Sardegna, Cagliari Lab. D: “Elevator pitch – tapas di comunicazione efficace” (#19). Pdf della presentazione
zizi

ANTONELLO ZIZI

Docente ITIS “Giua” di Cagliari Lab. E: “Progettazione di applicazioni di intelligenza artificiale mediante percettroni multilivello error backpropagation in C#” (#07). Pdf (a bassissima risoluzione rispetto all’originale) della presentazione con note di accompagnamento

Bio dei Relatori della Plenaria

Marco Pitzalis è Docente di  Sociologia generale presso la Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari, (Dip. Ricerche  Economiche e Sociali), Direttore del Centro Interdipartimentale per la Ricerca Didattica (CIRD), Membro associato del Centro di Sociologia Europea (EHESS, Paris).

Stefania Manca è ricercatrice presso l’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR di Genova. Si occupa dell’utilizzo dei Social Media nei contesti di apprendimento formale e informale, con particolare riguardo per i social network come ambienti di apprendimento e per lo sviluppo professionale.

Le biografie complete dei Formatori dei Laboratori sono già state pubblicate nel Catalogo dei Laboratori

Meglio tardi che mai!

Il corso 1 AD di Sassari presso l’ITI “Angioy” ha chiuso i battenti il 6 settembre scorso e da giorni mi riproponevo di inviare due righe di commento.

In breve voglio presentarvi il lavoro che è stato realizzato dai Docenti del corso con l’App online MIND42, applicazione versatile e utile allo scopo di costruire una mappa da implementare durante gli incontri.

Durante le 24 ore in presenza, frequentate assiduamente e con molto spirito di sacrificio collaborativo da parte di tutti, i Docenti, riuniti in piccoli gruppi, hanno approfondito online i materiali dei 3 moduli, messi a disposizione nel sito PNSD Scuola Digitale Sardegna, curato dai Webmaster Marco Paolucci (Scuola Polo), Anna Rita Vizzari (USR Sardegna).

Dopo aver approvato la proposta di trovare un filo conduttore che permettesse di creare un percorso illustrativo della funzione di AD all’interno delle proprie scuole, ogni gruppo ha curato una parte del tutto, scegliendo tematiche concordate e più vicine agli interessi di ciascun componente.

Dopo un’attenta e approfondita analisi, ogni tematica è stata implementata da ogni gruppo con varie webapp, quali padlet, piktochart, thinglink, prezi, ppt,screencast-o-matic etc……. dietro suggerimento del formatore o liberamente scelte, inserita nella mappa generale  e arricchita da immagini, link e/o da una scheda progettuale.

Il navigatore potrà, quindi, navigare all’interno della mappa, selezionare i diversi moduli e spostarsi tra i  Leggi tutto “Meglio tardi che mai!”

Liste laboratori per “Final PNSD 2016”

Come pubblicato nel sito USR, pagina PNSD (www.sardegna.istruzione.it/piano_nazionale_scuola_digitale),a cui si rimanda anche per gli aggiornamenti, ecco gli elenchi delle persone iscritte ai laboratori delle 5 città in cui si terranno gli eventi di cui alla Nota USR 15217/2016– Eventi “Final PNSD 2016”:

Eventi “Final PNSD 2016”

Si allega la nota USR in merito agli eventi formativi “Final PNSD 2016” in Sardegna, appena pubblicata anche su www.sardegna.istruzione.it/piano_nazionale_scuola_digitale.shtml:

Allegato: nota USR Sardegna Prot. n. 15217 del 12/09/2016 -eventi “Final PNSD 2016”

immagine

Taddeo 2.0 – Un anno di animazione digitale

Oggi, 31 agosto 2016, termina il mio incarico di animatrice digitale presso l’Istituto Comprensivo “Taddeo Cossu” di Teulada. Da domani continuerò il mio lavoro di insegnante di sostegno in un altro Istituto, ma non potevo non raccontarvi la mia esperienza.

Le mie competenze digitali non sono eccellenti. È vero, al pc mi arrangio, so gestire un blog, usare smartphone, telecamera, Gimp e Movie Maker… ma non sapevo nulla di Moodle, coding, Html…

Ho accettato l’incarico con tanta voglia di mettermi in gioco per il bene della mia scuola. Così mi sono armata di buona volontà e ho iniziato l’avventura.

È stata l’occasione per dare luce al mio ordine di scuola, la Scuola dell’infanzia. La maggior parte delle volte, infatti, essa viene esclusa da molte iniziative: corsi, di formazione, progetti, concorsi… Eppure nell’Istituto “Taddeo Cossu” l’infanzia è stata protagonista di molte iniziative (giornate di sensibilizzazione, concorsi, sperimentazioni digitali, condivisione di didattica inclusiva), diventando così uno stimolo per gli altri ordini del nostro istituto.

Da febbraio sono diventata editor della pagina Facebook di Istituto e ho cercato di capire come i social media potessero diventare occasione di crescita per tutti i miei colleghi. A poco a poco ho iniziato a coinvolgerli perché condividessero e raccontassero (attraverso video e foto) ciò che avveniva nelle nostre aule.

Pian piano la scuola ha spalancato porte e finestre e la didattica ha iniziato a diventare trasparente e visibile al tempo stesso.

Facebook ci ha dato l’opportunità di far vedere chi siamo, cosa facciamo e perché lo facciamo, sia rivolgendoci ai nostri interlocutori più immediati – le famiglie, il territorio – sia confrontandoci con un pubblico più ampio nei numerosi gruppi internazionali che si occupano di didattica.

Abbiamo cercato di coinvolgere soprattutto le famiglie, che sono una risorsa fondamentale. Ma la vera ricchezza sono stati i nostri alunni, che giorno dopo giorno ci hanno aiutato in questo percorso di crescita (“digitale” e non).

Abbiamo dato molta importanza alla privacy, cercando di rispettare bambini e famiglie e mostrando che è possibile raccontare la didattica senza spettacolarizzare.

Tutto ciò ha subito entusiasmato le famiglie che venivano aggiornate quasi in tempo reale non solo sugli aspetti organizzativi, ma anche sui progetti e sulle attività didattiche.

I “like” per noi hanno significato sostegno, motivazione a fare di più e meglio, e ci hanno fatto capire soprattutto che “si può fare”. Da qui l’idea di aprire altri canali social (YouTubeInstagramTwitter) e un blog didattico che affiancasse il sito ufficiale dell’Istituto. Così è nato iscola.eu, dove abbiamo iniziato a raccogliere documentazione didattica e sul quale abbiamo sperimentato un sistema di modulistica online.

Direi che ho svolto una “animazione social”, in cui partecipazione e condivisione sono diventati gli obiettivi principali: tutti insieme (alunni, docenti e famiglie) abbiamo collaborato per rendere “Taddeo” una scuola per tutti e di tutti. Il tema dell’inclusività è stato il protagonista di questo racconto digitale, in cui i momenti di sensibilizzazione hanno mostrato continuamente come la diversità possa diventare una risorsa per tutti.

Il neonato team digitale e la redazione Facebook che si è costituita negli ultimi mesi dimostrano che l’animazione digitale non è un lavoro dove predominano le capacità di un singolo, ma è un’attività dove il lavoro di squadra porta a tanti successi.

Ed è così, si può fare, basta volerlo ma, soprattutto, basta essere uniti.

Non conta di chi è l’idea, chi ha organizzato o chi l’ha eseguita: quando si ha lo stesso obiettivo non importa chi va in scena o chi lavora dietro le quinte, perché alla fine lo spettacolo non esisterebbe se non ci fosse il contributo di tutti. La parola chiave è condivisione… perché in fondo è anche formazione. Solo i grandi maestri portano rispetto per la propria disciplina e la divulgano a coloro che continueranno con la stessa passione a divulgarla. Penso che la stessa cosa valga per noi insegnanti: diventiamo uno lo stimolo dell’altro…

Tante cose sono state fatte dall’inizio di questa avventura digitale ed è difficile raccontarle tutte, anche perché occuperei troppo spazio. Se avrete voglia di saperne di più, questo è il link che rimanda a un video di circa tre minuti sul nostro canale YouTube.

Tengo a precisare che, ovviamente, la mia azione non è stata esclusivamente “social” ma ho cercato costantemente di aggiornarmi e di cercare applicazioni digitali nella didattica, condividendo il tutto con i miei colleghi.

Inoltre, il lavoro con il blog della scuola mi ha permesso di conoscere il funzionamento di WordPress, di imparare a gestire un blog e di capire in che modo questo diventi uno strumento importante per la didattica.

È vero che le competenze digitali sono alla base di una scuola innovativa e all’avanguardia, ma se prima impariamo a condividere ciò che realmente siamo e cosa sappiamo fare avremo una scuola genuina e pronta a raggiungere nuovi orizzonti.

Vi lascio con una citazione della grande Hellen Keller: “Da soli possiamo fare così poco; insieme possiamo fare così tanto”.

Buon inizio d’anno scolastico a tutti.

Monia Sitzia
Animatrice digitale – Istituto Comprensivo “Taddeo Cossu” di Teulada

ETWINNING: uno strumento per insegnare e apprendere in un contesto europeo divertendosi.

eTwinning è una piattaforma online che consente ad insegnanti di tutta Europa e oltre di incontrarsi, scambiarsi idee e buone pratiche, realizzare progetti collaborativi in tutta sicurezza.
La piattaforma è attiva dal 2005.
Tutto comincia con la registrazione a titolo individuale sulla piattaforma http://etwinning.indire.it (non vi è nessuna scadenza o vincolo burocratico per registrarsi e attivare un progetto). Tutti i docenti di qualsiasi materia e livello scolastico, scuole pubbliche o paritarie, DS e altro personale delle scuole possono registrarsi. eTwinning consente l’attivazione di progetti di gemellaggio elettronico a distanza tra scuole, partecipazione ad eventi di formazione online, discussioni su tematiche inerenti l’attualità pedagogica e didattica, gruppi di lavoro e tanto altro.
Gli Stati europei che partecipano a eTwinning sono 28. La Parola d’ordine è “collaborazione!”.
Oltre allo SCAMBIO COLLABORATIVO via WEB di materiali ed esperienze, alla FACILITÀ D’USO, alla SICUREZZA E ASSISTENZA PERMANENTI già citati, altre caratteristiche e/o finalità importanti di eTwinning sono: una continua INNOVAZIONE DIDATTICA (attraverso l’uso della piattaforma e l’introduzione di strategie di insegnamento-apprendimento ormai consolidate quali: la peer education, il cooperative learning, gli EAS, il BYOD); l’inserimento del gruppo classe (o dei gruppi classe) in un CONTESTO MULTICULTURALE che stimoli la MOTIVAZIONE E IL RICONOSCIMENTO DELLA PROPRIA IDENTITA’ CULTURALE.
Il valore pedagogico e didattico della progettualità eTwinning è riconosciuto anche dal PNSD (a pag 21), che lo cita come esempio di buona pratica.
eTwinning, attraverso la collaborazioni tra docenti e alunni di diverse nazionalità e un programma di attività formative ad hoc (learning events, seminari…), che di anno in anno vengono proposte agli iscritti, consente ai docenti una formazione in servizio aperta ad una DIMENSIONE EUROPEA, capace di creare e fortificare, anche negli studenti, un sentimento di cittadinanza europea condiviso.
I Progetti vengono elaborati in piattaforma attraverso la creazione di una classe virtuale (TwinSpace). La piattaforma consente una totale flessibilità nella predisposizione delle attività, dei temi da affrontare e della durata della collaborazione (l’unico vincolo rilevante è che il progetto deve entrare a far parte integrante del curricolo programmato). L’assistenza costante e personalizzata è caratterizzata da frequenti monitoraggio e certificazioni di qualità rilasciate dalle unità eTwinning nazionali ed europee.

Anna Chiara Marcialis

PNSD: un abito da modellare a misura di scuola

A cura di Laura Neri, Animatore Digitale dell’IC Monte Rosello Alto di Sassari.

Quando una scuola opera in un contesto territoriale cosiddetto ‘difficile’, ogni proposta nuova sembra sempre una sfida insormontabile, un’impresa alla Mission Impossible, dove gli attori principali, se non soccombono, ne escono comunque con un bel po’ di traumi e lesioni!

Se da proposta nuova si passa poi a proposta innovativa le cose si complicano ulteriormente, i paradigmi diventano più oscuri e lì si entra inesorabilmente in territori tra la magia e l’eroismo, in cui, per venirne fuori, sarebbe auspicabile, per non dire necessaria, un’alleanza di potenza pari a quella immaginabile, per esempio, tra Harry Potter e gli Avengers (per rimanere in tema di citazioni cinematografiche).

La persuasione di alcuni colleghi e, più in generale, del personale della scuola, all’utilizzo delle tecnologie nella prassi quotidiana – ormai giustamente disillusi dall’ennesima riforma, dal milionesimo tentativo di rivoluzione del sistema, con la velata (a volte neanche troppo) insinuazione che la ‘versione precedente’ del modello organizzativo e formativo servisse a poco o niente – non richiede infatti solo sforzi fisici e mentali allo stremo della resistenza, ma spesso il reperimento di potenti formule e pozioni magiche!

Mi spiego meglio, con un caso banale ma, a mio avviso, sufficientemente emblematico: convinco il collega di Scienze, esausto del disinteresse a lezione dei ragazzi di una terza media, che le molecole potrebbero diventare più allettanti se presentate attraverso un video sulla LIM e una lezione costruita, per esempio, come attività di gruppo, incentrata su ricerca e selezione in classe di materiali digitali a tema; ops!, il docente mi ricorda che in classe c’è la LIM, ma, ahimè, è stato rubato il proiettore il mese scorso; no problem!, insisto io: la modalità BYOD dà sempre ottimi risultati anche in questi casi di carenza di dotazioni tecnologiche in classe; altro dettaglio: manca la connessione ad internet e qui la situazione inizia a complicarsi; attingo a tutte le mie riserve di inventiva e creatività, ma non mi viene altro da suggerire se non il ricorso alla connessione personale dei ragazzi, auspicando che le famiglie siano favorevoli ad un suo utilizzo per la didattica (mi ripeto intimamente e con convinzione, mentre espongo la proposta al collega, che io da mamma lo sarei!); ma quando mi spiega che in classe sono presenti tre ragazzi ROM che, non solo non hanno il cellulare, ma non portano mai neanche libri e quaderni, ed è presente anche una discreta percentuale di ragazzi che non dispongono di device personali e/o di connessione, ecco che non mi rimane che interpellare i migliori maghi di tutta la saga di Harry Potter per poter trovare la formula che mi aiuti a coniugare tecnologia e IMPOSSIBILITA’ di usarla!

Pensate che io mi sia arresa troppo in fretta?

Errore!

In separata sede, e dopo aver ringraziato il collega per la disponibilità ad un confronto su “molecole-versione-innovativa-no-possible”, rifletto a lungo e ragiono proprio sulla parola innovazione, riflessione supportata dal lungimirante aforisma di Karl Raimund Popper: “La consapevolezza non inizia con la cognizione o con la raccolta di dati o fatti, ma con i dilemmi”.

Ed io ho un mio dilemma di partenza, come Animatore Digitale: il dilemma è proprio l’innovazione, non di per sé, come concetto o teoria, ma collocata nell’hic et nunc di una scuola fragilissima sul piano del digitale e delle infrastrutture.

Mi si apre un mondo, una serie di riflessioni, dilemmi si aggiungono a dilemmi, ma la consapevolezza pare una luce lontana, quasi irraggiungibile.

E tra le tante, frenetiche letture, compare una vecchia conoscenza: il mio docente di Comunicazione Pubblica dell’Università, Prof. Piero Dominici (pierodominici.nova100.ilsole24ore.com), scrive da anni sul tema e le sue intuizioni sull’importanza di educare alla complessità e al pensiero critico (cit. – www.techeconomy.it – 2016/04/05) iniziano progressivamente a dare un senso al mio pensiero, a fargli acquisire una traiettoria più definita:

– i dilemmi di Popper (e quelli di Potter!) volgono verso una maggiore consapevolezza del mio ruolo e dei miei compiti non solo come docente, ma anche come “promotore di azioni nell’ambito della progettazione, sicurezza, privacy, copyright, ambienti di apprendimento, connettività, fundraising, orientamento e carriere, cittadinanza digitale, sviluppo pensiero computazionale, robotica, risorse educative aperte, formazione e accompagnamento, digital literacy, inclusione,…”, ossia come Animatore Digitale (spero che, dal su citato elenco, solo parziale, della azioni spettanti all’AD, chi di voi ritenesse il mio riferimento a magia ed eroismo, inappropriato al contesto, si sia, almeno in parte, ravveduto);

– la politica dell’inclusività prende il ruolo di possibile soluzione dell’esclusività digitale o digital divide;

– l’innovazione tecnologica assume un ruolo non prioritario rispetto all’urgenza di un’innovazione di tipo culturale (cit.);

Invito, a tal proposito, a leggere integralmente l’intervento del Prof. Piero Dominici per cogliere aspetti di maggiore complessità e legami sociali-culturali-logici-umanistici più profondi e articolati di quanto io non sia stata in grado di rappresentare.

Riconosco di aver divagato, indegnamente, sui grandi sistemi, ma mi servono/ci servono chiavi di lettura più ampie per interpretare il cambiamento e riadattarlo sulla base dei contesti in cui operiamo, a volte così lontani dai cambiamenti proposti (?) dall’alto.

Quindi, torno con i piedi per terra e mi chiedo: quale innovazione per la mia scuola, istituto comprensivo con 900 alunni, 100 docenti e meno della metà di personale ATA, sita nel quartiere periferico del Monte Rosello Alto di Sassari?

Forse la chiave di lettura è pensare all’innovazione, in termini di destabilizzazione (“Innovare significa destabilizzare” – cit.) e non, banalmente, di rincorsa schizofrenica agli ultimi device tecnologici da applicare alla didattica o alla gestione della documentazione amministrativa.

E destabilizzare, nella micro-società complessa della mia scuola e del suo territorio, potrebbe essere ‘semplicemente’ un lavoro strutturato di auto-analisi e auto-critica, individuale e in team, una ricerca di metodologie davvero utili all’attività formativa ed organizzativa, in cui la tecnologia rappresenti uno strumento utile di lavoro, non il suo obiettivo.

Lo ammetto: nella mia scuola non siamo tutti e del tutto pronti ad una vera rivoluzione digitale, in senso letterale, ma come docenti e, più in generale, come persone (Dirigente e Direttore SGA, compresi) che lavorano in una scuola ‘difficile’, ritengo, consapevole del rischio di apparire presuntuosa, che siamo già operativi in termini di soluzioni innovative, pronti cioè ad accogliere le sfide, a interpretarle in modo critico, a ricercare soluzioni condivise e condivisibili, inclusivi verso studenti, famiglie e territorio, in quanto termometro delle esigenze del quotidiano e della vita reale. Sentiamo l’onere di sforzarci per offrire alla nostra utenza strumenti concreti e utili di riscatto sociale e culturale.

Alla luce di un’esigenza sempre più forte di creare comunità di interesse, occasioni di incontro, contesti di comunicazione e di informazione, siano essi reali o virtuali, l’Animatore Digitale, il Team per l’Innovazione, la Dirigenza, i singoli docenti, il personale ATA, compiono i loro primi passi nell’ambito delle azioni del PNSD, contenitore cui dare un senso, una personalità plurima e differenziata, sulla base delle diverse realtà territoriali delle scuole in cui esso viene letto, interpretato, adattato e, infine, adottato. Un abito insomma da modellare su corpi diversi, per garantirne la migliore vestibilità.

Proviamoci, anche se il ruolo di sarto non è contemplato tra le mansioni dell’AD!

Tutta questa logorroica premessa per segnalare ai colleghi Animatori Digitali – che non abbiano abbandonato la lettura del mio post molti capoversi prima (avreste tutta la mia comprensione) -, che il mio lavoro come AD verrà periodicamente registrato al seguente link: pnsdmonteroselloalto.wordpress.com.

Spero che qualcosa possa esservi utile.

Grazie per la vostra paziente attenzione.

Laura Neri, AD dell’IC Monte Rosello Alto – Sassari

Didattica a commutazione di contesto e BYOD

Cari colleghi e colleghe,

sono Antonello Zizi, un docente del Giua di Cagliari, e dal giorno del mio inserimento in ruolo mi sono occupato di innovazione in ogni ambito che ho avuto il piacere di esplorare.

Vorrei proporre un contributo che riguarda due diverse facce della stessa medaglia, ovvero da una parte come cercare di portare novità anche metodologiche nella scuola,  dall’altra parte come valutare l’impatto che alcune novità possono avere dal punto di vista dei sistemi.

Il primo contributo riguarda una metodologia didattica che prende il nome dalla modalità di funzionamento del microprocessore nei moderni sistemi operativi (context switch) ma che trae spunto dalla psicologia della comunicazione, il secondo invece è una riflessione su cosa il BYOD può portarsi dietro in termini di problematiche tecniche non sempre evidenti.

Contributo 1:

CSTM  m.tecnicadellascuola.it/item/22868-didattica-innovativa-l-uso-dei-mass-media-aumenta-lo-soglia-dell-attenzione.html

Contributo 2:

BYON: il “lato oscuro” del BYOD

Il PNSD segna un punto di svolta nel panorama scolastico italiano. Oggi l’attenzione è concentrata su come integrare la tecnologia in classe e favorire l’acquisizione da parte degli studenti delle competenze tecnologiche necessarie per orientarsi agevolmente nella società del XXI secolo.

Molti sono i forum e gli eventi formativi dedicati al digitale e alle nuove metodologie didattiche legate al mondo della tecnologia, e tra le varie azioni (meglio sottoazioni) vorrei parlare di BYOD, ovvero l’uso  a scuola dei dispositivi personali degli studenti, connessi alla rete d’Istituto e impiegati nelle varie forme di didattica alternativa.

Tanti sono gli aspetti positivi e condivisibili che si sono discussi in merito a questa modalità di utilizzo dei dispositivi personali, ma a mio parere è stato tralasciato un punto imprescindibile: La sicurezza dei sistemi e dei dati.

In altri stati e in altri ambiti da qualche anno si sente parlare di  “BYON” ovvero Bring your owner network. Questo fenomeno, ancora poco analizzato qui da noi, riguarda la capacità, per ogni utente, di disporre della propria rete personale interconnessa ad Internet.

Non c’è niente di diverso dal portare con se il proprio smartphone o il proprio tablet il quale, grazie al contratto col proprio operatore, è in grado di accedere alla rete e di navigare in qualunque sito.

Allora, se in passato  gli amministratori  della rete potevano bloccare l’accesso e selezionare le applicazioni e gli ambienti web attraverso politiche di controllo, col BYON gli studenti possono aggirare i filtri della scuola utilizzando le proprie reti mobili e Wi-Fi hot-spot, facendo nascere quello che è l’ultimo problema di sicurezza per la scuola e costringendo gli amministratori di rete ad affrontare un carico di lavoro sempre più impegnativo alla ricerca dei modi per proteggere gli studenti e la scuola stessa, dalla diffusione di malware, oltre che per impedire le dannose fughe di dati e il determinarsi della visibilità incondizionata di tutti i dispositivi sulla rete.

Questo aspetto, dunque, determina più di una situazione pericolosa dal punto di vista della sicurezza informatica in quanto:

  • Le politiche di sicurezza poste in atto dall’amministratore della rete scolastica sono relative alla rete interna;
  • gli studenti possono aggirare i filtri della scuola utilizzando le proprie reti mobili e Wi-Fi hot-spot;
  • Un dispositivo in BYON funge da bridge tra la rete scolastica (sicura) e ogni altro servizio del Web (anche del deep Web) che potrebbe portarsi dietro software malevolo e minare la sicurezza del resto della rete.

Il BYOD dunque offre molteplici possibilità ma porta con se molteplici criticità.

Oltre al BYON ci sono altri aspetti che dovrebbero far riflettere per permetterci di avere un approccio proattivo circa la protezione dei dati e dei sistemi, piuttosto che dover essere reattivi dopo che il danno è già stato fatto.

Una criticità che ho individuato riguarda il BYOD in istituti a forte caratterizzazione tecnologica ed informatica.

In tali contesti, si sa, la maggior parte degli studenti ha (fortunatamente) una grande passione per l’Informatica e la tecnologia, e la maggior parte delle volte (purtroppo) questa passione coincide con un desiderio smisurato di imparare le tecniche di “hackeraggio” inteso come la capacità di violazione di sistemi e del superamento dei meccanismi di sicurezza.

I sistemi informatici scolastici (e non solo) offrono un fronte consistente di protezione maggiormente dal lato front-end, (dall’esterno verso l’interno). Potenti firewall monitorizzano le richieste e il traffico in entrata e, grazie a numerose regole ad hoc, sono in grado di far fronte agli attacchi provenienti dall’esterno.

Ma com’è la situazione dall’interno?

Nella maggior parte dei casi troviamo alcune restrizioni sui protocolli (es. bloccare i protocolli di connessione tra pari “P2P”) e niente più.

Permettere dunque la connessione di dispositivi BYOD, in alcuni casi, potrebbe compromettere la sicurezza globale del sistema e si potrebbero compromettere anche postazioni contenenti dati sensibili.

Certo, in teoria le linee dati di segreteria sono fisicamente separate dalle linee dati della didattica, ma anche in questa fortunata ipotesi non ci sarebbe da stare completamente tranquilli.

Pensiamo ad esempio ai dati dei registri elettronici, ai server di posta, alle postazioni dove si preparano le prove scritte, etc.

Come sarebbe una scuola dove gli studenti possono accedere ai registri, modificare valutazioni, leggere in anticipo le prove scritte, spiare ogni tasto premuto dai docenti o dal personale?

Certo, esiste una normativa che punisce pesantemente i reati informatici, ma come possiamo pensare che questo sia un deterrente sufficiente in grado di frenare l’istinto curioso e la fantasia dei giovani studenti, a maggior ragione se si parla di studenti con una smisurata passione per l’informatica?

Ma sarà davvero così?

Le scuole che adottano BYOD rischiano davvero così tanto?

Per rispondere a queste domande, al termine dell’a.s. ho installato kali linux sul mio notebook e dopo aver effettuato la connessione alla rete interna d’istituto ho effettuato un test per misurare il grado di protezione e la robustezza del sistema in caso di attacchi provenienti dall’interno.

Tralasciando lo sniffing del traffico in chiaro, cosa che si ottiene praticamente in automatico su tutte le VLAN dell’istituto (non solo in quella alla quale ci si connette), non ho avuto difficoltà ad inquinare qualche tabella ARP e a portare avanti un attacco MITM che mi ha dato la possibilità di fare SSL Strip per lo sniffing del traffico criptato sotto SSL.

Ora, questo non è il luogo dove discutere dati particolareggiati, ma vi assicuro che con una mezz’ora di tentativi, e con pochi “grammi” di  meterpreter e metasploit (se non sapete cosa sono è meglio!) sono diventato velocemente il padrone del mondo! Ho sperimentato la possibilità di installare keylogger e di attivare sessioni “spia” da remoto, senza mai avvicinarmi ad una macchina, ma sfruttando le varie vulnerabilità che kali linux mi ha segnalato puntualmente.

Concludendo invito ad una riflessione su cosa permettiamo e come lo permettiamo perché, in caso contrario, rischiamo di finire in ostaggio della stessa tecnologia che vogliamo diffondere.

Spero vivamente che questa riflessione possa essere utile per tutti coloro che sono chiamati a gestire l’evoluzione del digitale nei propri istituti.

Antonello Zizi

Didattica digitale e scienze: un’esperienza nella scuola primaria

Da Antonietta Pau, insegnante e animatore digitale presso  Assemini 2 Dionigi Scalas

Sono un’insegnante della scuola primaria che si è avvicinata alla didattica digitale in tempi recenti.

L’anno scorso ho partecipato al progetto Semid@s formandomi come Master Teacher; quest’anno ho seguito, da animatore digitale, il corso organizzato nell’ambito del PNSD. Durante la formazione Semid@s ho avuto l’opportunità di conoscere due persone che hanno segnato una svolta nella mia attività professionale: Anna Rita Vizzari, che ha curato la prima fase del corso Master Teacher, e Annarella Perra, che mi ha guidato e sostenuto nella seconda fase dello stesso e nel corso per animatori digitali.

Prima di questi percorsi mi rapportavo alle tecnologie informatiche quasi esclusivamente per scrivere o per scaricare qualche documento di testo da fotocopiare e proporre alla classe.

Oggi vedo nel digitale uno straordinario mezzo per innovare la didattica, non solo appoggiandosi ad un adeguato corredo di tecnologie hardware e software, ma soprattutto attingendo all’immenso patrimonio di risorse presenti nel web.  Quelle gratuite, in particolare, per la loro accessibilità a chiunque abbia tra le mani un dispositivo collegato, hanno in sé una forza rivoluzionaria, dovuta all’aspetto che più mi attrae della Rete: l’essere un fattore globale di propagazione della conoscenza e dei mezzi per elaborarla e condividerla.

Questa premessa permette di conoscere, almeno in parte, le motivazioni personali che stanno dietro l’esperienza didattica che sto per raccontare, senza le quali la stessa non sarebbe altrettanto significativa.

L’esperienza in questione è stata condotta nel 2° Circolo di Assemini in ciascuna delle due classi prime dove insegno, e consiste in due attività di scienze riguardanti rispettivamente le parti dell’albero e le fasi di sviluppo della pianta.

In entrambi i casi ho ritenuto opportuno fare ricorso ad applicazioni webware che stimolassero la partecipazione attiva di tutti gli alunni e li aiutassero a esprimere e a utilizzare le conoscenze acquisite.  Gli elaborati prodotti sono visionabili ai seguenti indirizzi (ho indicato l’url breve):

http://tinyurl.com/jhemss3

http://tinyurl.com/jtvzlaj

http://tinyurl.com/gnp6yxc

http://tinyurl.com/zpntdov

http://tinyurl.com/j3d2epn

L’applicazione Thinglink mi è sembrata perfetta per ottenere una rappresentazione ipertestuale dell’albero. Si tratta di un software che permette di creare immagini interattive attraverso l’inserimento di tags che rimandano a ulteriori contenuti. La versione base gratuita è in grado di rispondere pienamente alle necessità didattiche, pur nella essenzialità delle sue funzioni.

Dopo avere ricercato tutte le informazioni utili, i bambini, in collaborazione, si sono dedicati al disegno dell’albero. Intanto, a turno, hanno incominciato ad alternarsi alla LIM per scrivere i testi di approfondimento. Successivamente si è proceduto alla digitalizzazione dell’immagine e all’aggiunta, con il programma di grafica Paint, dei nomi presi in esame. Si è quindi effettuato il caricamento dell’immagine stessa e l’inserimento dei testi attraverso un copia e incolla. Tutti si sono positivamente impegnati, in attesa del proprio turno di lavoro ai dispositivi. La fase di digitazione dei testi, oltre che aver permesso di esercitarsi nella videoscrittura, ha avuto il merito di innescare frequenti momenti di riflessione linguistica, elemento non trascurabile nella classe prima della scuola primaria. Il risultato ottenuto, un vero e proprio contenuto web, ha suscitato nei piccoli autori non poca sorpresa, rivelandosi estremamente gratificante. In fase finale è stato proposto un questionario a risposta multipla realizzato con Quizizz, una risorsa gratuita per realizzare test accattivanti e coinvolgenti, da eseguire individualmente; tuttavia nel caso specifico, tenuto conto del livello scolastico, ho preferito far alternare in coppia i bambini alla LIM, concedendo loro un tempo congruo per leggere e scegliere la risposta adeguata.

Il percorso didattico sullo sviluppo delle piante è partito da un’esperienza concreta, la semina di alcune piante e l’osservazione dei diversi stadi di crescita, che è stata documentata per mezzo di immagini fotografiche. Si è quindi passati ad una fase di riflessione e rielaborazione per la quale ho ritenuto essere particolarmente indicato il software gratuito LearningApps, che permette di realizzare, mettendo in campo conoscenze e competenze, applicazioni di diversa tipologia. La timeline da ricostruire mi è sembrata la più adatta alla situazione. Le immagini fotografiche, corredate da didascalie testuali e audio, sono diventate le sequenze da dover sistemare in ordine cronologico. Per confezionare l’app, la classe si è dovuta impegnare su più versanti: scegliere a maggioranza il titolo e la frase di feedback tra quelli proposti dai bambini stessi, stabilire la corretta successione temporale e procedere alla stesura dei testi da associare alle immagini. Ho richiesto inoltre di completare autonomamente, in contemporanea al lavoro sulla LIM, una linea del tempo che avevo precedentemente predisposto su scheda ricalcando Il template di LearningApps. A lavoro concluso, tutti hanno provato a cimentarsi con l’applicazione appena prodotta, momento questo utilizzato anche per valutare l’acquisizione dei contenuti propri dell’attività di scienze.

Anche questa volta ho potuto notare da parte degli alunni un approccio verso il lavoro scolastico decisamente partecipe e interessato, il che mi spinge a proseguire nella esplorazione di quello che per me è, come ho premesso, un mondo nuovo, nel quale sto procedendo ancora a piccoli passi.

Ciò che ho raccontato fin qui è una storia di didattica del quotidiano, resa possibile, intendo sottolinearlo, dall’appoggio delle docenti con cui collaboro nelle due classi. In essa, l’ausilio di strumenti capaci di suscitare coinvolgimento e spingere alla cooperazione si è rivelato determinante sul piano dell’interesse e dell’inclusività, due presupposti imprescindibili per un insegnamento efficace.